Alcune considerazioni sui lettori di ebook

Poco più di un mese fa acquistai un lettore di ebook (libri elettronici). Qualche giorno prima di comprarlo scrissi a un amico proprio riguardo all'acquisto che ero tentato di fare. Riporto il contenuto dell'email perché corrisponde, per larga parte, alle impressioni di un mese di utilizzo.
Negli ultimi giorni sto pensando seriamente di comprarmi un lettore di libri elettronici. Potrebbe sembrare una decisione facile da prendersi: quello che ho in mente costa relativamente poco e vi sono già titoli interessanti a prezzi ridicoli (Garzanti, ad esempio, propone una selezione della sua collana “I Grandi Libri” che include opere di Dostoevskij, Tolstoj, Jane Austen ecc., a due euro). Senza contare la vastità del catalogo in lingua inglese e i classici gratuiti (da Dante a Svevo, ma ce ne sono numerosissimi anche nelle altre lingue europee). Sembrerebbe, insomma, un acquisto sensato. E invece ho riserve che mi fanno tentennare, lasciandomi alquanto dubbioso. Sai che non sono un bibliofilo. L’attaccamento a un libro dipende più, per me, dal legame col suo contenuto, e magari coi miei marginalia (ci sono, certo, volumi che mi piace anche guardare e maneggiare, come quelli della "Biblioteca Adelphi" o della "Pléiade" di Gallimard). Non è dunque il "feticismo della carta" a trattenermi dall'acquisto. Mi preoccupa la perdita d’individualità del testo. Temo che, con essa, diminuisca la serietà del mio approccio alla lettura. Avendo in un solo dispositivo numerosi titoli, ho paura di fare come chi, invece di guardare un determinato programma televisivo dall'inizio alla fine, saltella da un canale all'altro, per la semplice possibilità di poterlo fare. L’abbondanza, la scelta immediata come causa di confusione, come perdita di serietà, come indisciplina. Sarebbe, inoltre, un altro ambito in cui l’astratto soppianta il concreto, in cui il generale indifferente, senza peculiarità, soppianta l’individuo. Ma questo mi preoccupa meno. È l’effetto sul mio approccio alla lettura, già di per sé non troppo soddisfacente, a darmi da pensare. Riflettendo meglio, c’è anche un’altra considerazione che mi trattiene dall'acquistare il lettore: il ridicolo. Sarei, forse, uno dei pochi a percepirlo, ma non sarebbe certo una consolazione. Il moltiplicarsi di gingilli, la smania di possederli, la vuota compulsività nell'usarli e la goffaggine causata dall'averli sempre con sé: ecco donde nascerebbe il ridicolo. Alla fine lo comprerò: conosci la mia incostanza e l’attrazione che provo pei gingilli tecnologici. Lo comprerò e, dopo l’iniziale infatuazione, lo riporrò in qualche cassetto, sia per la delusione (anche quest’oggetto non manterrà le promesse di cui è stato circondato) sia perché m’imporrò di farlo, cercando di limitare, perlomeno in questo ambito per me così importante, la dispersione e la leggerezza.
Ci sono alcuni punti che vorrei approfondire. Anzitutto voglio spiegare cosa intendo per "perdita d'individualità del libro". Un lettore di ebook è un dispositivo con uno schermo e alcuni pulsanti. Lo schermo, incorniciato di solito da materiale plastico, non è come quello di un computer o di un tablet: niente LCD o simile tecnologia retroilluminata, richiede una fonte di luce esterna proprio come un libro cartaceo ("inchiostro elettronico" è il nome della tecnologia che mima l'effetto della carta). La prima volta che lo accesi ebbi l'impressione di leggere un quotidiano, qualcosa di simile a una pagina del Corriere della Sera, per la precisione. Quando si "volta pagina" (premendo un pulsante o sullo schermo, a seconda del dispositivo), le lettere si riorganizzano per mostrare il testo che segue quello che abbiamo appena finito di leggere. Il testo mostrato non dipende, come nel cartaceo, dall'impaginazione scelta per la collana o per la singola edizione, ma dalla dimensione dei caratteri che noi stessi abbiamo impostato. Cioè, non si volta propriamente la pagina, perché essa non esiste non solo nella sua consistenza fisica, ma nemmeno nella quantità di parole contenute. Esiste solo l'insieme di parole che compongono un libro, disposte sullo schermo a piacimento dell'utente. Da una parte è un indubbio vantaggio: poter decidere la dimensione e la spaziatura dei caratteri giova, in molti casi, alla vista. Troppe edizioni (in particolare le economiche, ma non solo) di questi tempi tendono a ridurre la dimensione dei caratteri per risparmiare, rendendo la lettura più faticosa (mi ricordo che fui molto colpito quando venni a conoscenza che Il rosso e il nero uscì in quattro tomi, mentre io tenevo fra le mani un singolo, concentrato volume). Un lettore di ebook ci permette di decidere, ed è una manna sopratutto per chi abbia problemi di vista.

Il mio lettore di ebook, con l'inizio del Fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello (ho cancellato dal dispositivo la scritta che ne avrebbe reso immediata l'identificazione: lo scopo di questo articolo non è una recensione del prodotto fotografato, ma una riflessione sulla "lettura elettronica").
Tuttavia, anche questo vantaggio sul libro di carta (o, meglio, su certe edizioni cartacee), ha il suo lato negativo: si perde la percezione del punto in cui si trova un dato passo. Si possono aggiungere "segnalibri", ed è indicata la "posizione" in cui ci si trova. Ma non è come avere una pagina con un suo dato e immutabile numero a cui riferirsi.
Il contenuto del libro è un continuo fluido, che si modella a seconda della scelta del lettore. Per capire a che punto siamo arrivati con la lettura bisogna osservare la barra (nel mio dispositivo posta in basso, come s'evince dalla foto) che indica la percentuale di testo letto. Trovo questo particolare davvero interessante. Con un libro cartaceo è l'occhio a dirci a quale punto della lettura siamo arrivati. Qui è un numero. Dall'immediatezza visiva all'astrazione numerica. Non abbiamo più pagine, ma riferimenti numerici (le pagine possono e sono numerate, ma hanno una loro primaria esistenza come enti sensibili singolari), perché lo schermo del lettore può essere qualunque porzione del libro che abbiamo selezionato nella nostra "biblioteca virtuale". Non ci sono più i libri, ma c'è il lettore di libri elettronici. Il contenuto del libro viene così scisso dall'oggetto, poiché il dispositivo che ne permette la fruizione può essere indifferentemente qualunque testo che ha in memoria. Anche l'oggetto-libro, ossia le singole pagine di carta che lo compongono, dapprincipio avrebbe potuto essere qualunque testo. Ma una volta che i caratteri vi vengono impressi, cessa d'essere una collezione di pagine bianche (una sorta di materia indifferenziata che può accogliere ogni forma, per usare la terminologia platonica) e diventa una ben determinata opera. Si assiste, cioè, a un irreversibile processo d'individuazione. Un lettore di ebook, invece, non perde mai la sua indeterminatezza, non è mai un libro, poiché può essere tanto la Divina Commedia quanto Alla ricerca del tempo perduto. Ripeto: non abbiamo tra le mani il Macbeth o le Operette morali, ma un dispositivo che mostra tale o tal'altra opera (mi si potrebbe obiettare che la singola opera è qualcosa d'altro rispetto a questa o quella edizione cartacea, tanto che ve ne sono più copie e, in molti casi, più versioni; tuttavia l'identificazione dell'oggetto con l'opera giunge non solo spontanea, ma ha anche una sua ragion d'essere: ormai quella carta veicola quell'opera e quella soltanto).
Come ho più volte (forse troppe) scritto negli articoli precedenti, penso che uno dei maggiori flagelli dell'uomo contemporaneo sia il rapporto cogli oggetti (latu sensu), il fatto che essi hanno per noi perduto la loro consistenza emotiva. Mi pare, cioè, che la relazione con essi sia mediata dall'attuale dinamica del desiderio, che prescinde da un contatto diretto con l'oggetto - spesso, anzi, da qualsivoglia interesse, chiusa com'è all'interno d'un meccanismo d'appropriazione che rende l'oggetto strumentale ad altri scopi, non di rado al mero possesso, realtà che temporaneamente soddisfa e placa, prima che la smania di qualcos'altro non rispunti come erba tagliata in primavera. Leggere un libro su un lettore di ebook non implica necessariamente questo rapporto malsano. Tuttavia contribuisce al processo d'astrazione, ossia all'allontanamento dagli oggetti che caratterizza tutta l'età contemporanea. Lo squilibrio è senza dubbio una delle conseguenze. E lo squilibrio comporta un animo poco incline all'approfondimento e alla riflessione, attività da sempre legate alla lettura. Come ho scritto nella lettera riportata sopra, c'è poi la possibilità di passare a un altro libro in qualsiasi momento. La mera possibilità di farlo non sembrerebbe, di per sé, cosa negativa. Anzi, parrebbe un vantaggio. E, tuttavia, nel nostro tempo la possibilità di fare cose diverse contemporaneamente, o, comunque, di poterle fare non appena le si voglia, spinge proprio a farle. Ossia a non indugiare su una data attività, diminuendo le possibilità d'approfondirla. L'abbondanza di possibilità, vanto dell'età contemporanea, si tramuta dunque in uno svantaggio. L'animo, non educato alla disciplina e alla costanza, non riesce a soffermarsi, non approfondisce, passa oltre - meglio: saltella da una cosa all'altra come da un canale televisivo all'altro. Il risultato è duplice: superficialità nel pensiero e irrequietezza nell'animo.

Una xilografia tratta dalla prima edizione dell'Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, stampata da Aldo Manuzio nel 1499.
Il mio giudizio sui lettori di ebook non è comunque del tutto negativo. Hanno indubbi pregi. Ho già accennato alla possibilità di aumentare la grandezza dei caratteri, un vantaggio per chi abbia problemi di vista. Un altro m'interessa in particolare: l'aiuto alla lettura di testi scritti in lingue straniere. Il mio dispositivo esce di fabbrica coi dizionari monolingue dei principali idiomi europei (e di pregio: l'Oxford per la lingua inglese e il Duden per la tedesca, ad esempio). Ora, leggendo un libro in lingua spesso ci s'imbatte in parole sconosciute. È sufficiente posizionare il cursore (almeno nel mio dispositivo) accanto alla parola di cui si desidera la definizione per visualizzarla. Si tratta della definizione in lingua, il che può essere meno comodo e agevole di un dizionario che traduca la parola in italiano. Potrebbe essere quindi ritenuto un difetto o comunque un limite del mio lettore. La comodità e la facilitazione che, per altri versi, permette rispetto al cartaceo, qui è azzoppata da una palese limitazione. Giusto e sbagliato a un tempo. Si tratta, a parer mio, di un caso in cui la difficoltà è benefica. Non solo la mente s'allena, costretta a cercare il termine italiano per la definizione data, ma si riesce anche a cogliere certe sfumature di significato che, con una traduzione diretta, senza definizione, andrebbero perdute (va da sé che mi riferisco a un lettore che abbia già una buona, se non avanzata, conoscenza della lingua). Purtroppo la tendenza contemporanea è a scartare le difficoltà, viste sempre e comunque come seccature e magari segni "d'inciviltà", e a criticare tutto ciò che non permette di annullarle o comunque superarle agevolmente.

Chiudo con una considerazione: un lettore di ebook non è la "naturale" evoluzione del libro cartaceo, ma qualcosa d'altro, un diverso strumento di lettura che, come molti strumenti frutto della tecnologia contemporanea, non è affatto neutro, non dipende dall'uso che se ne fa, ma va a modificare chi se ne serve o comunque il rapporto dell'utilizzatore con l'attività per cui esso è concepito.


[La riproduzione della xilografia dell'Hypnerotomachia Poliphili è tratta dal sito del Johnson Museum of Art]

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